L’Anestesia Rianimazione, come branca specialistica, nasce in Italia intorno al 1950 e si sviluppa nel corso degli anni a seguire in maniera sempre più ampia e selettiva. Inizialmente, gli anestesisti provvisti di due “anime” (anestesiologica e rianimatoria) svolgevano negli ospedali sia attività di sala operatoria sia di guardia presso i centri di rianimazione, quando esistenti.
Progressivamente, con l’ampliarsi delle attività chirurgiche e delle situazioni rianimatorie, man mano in maniera molto lenta, si è verificata una separazione fin quasi a una vera e propria scissione delle due anime. Specialmente nei grandi ospedali delle città più importanti hanno cominciato a instaurarsi gruppi di anestesisti di sala operatoria e gruppi di anestesisti di rianimazione.
Il processo è stato molto lento, osmotico ma necessario.
Negli ospedali maggiori, poi, l’attività anestesiologica di sala operatoria si è andata a modificare, sempre con grande lentezza verso una superspecializzazione. Si sono formati gruppi di anestesisti che svolgevano servizio in Chirurgia generale, altri in Ostetricia e Ginecologia, altri in Ortopedia.
Successivamente all’ampliamento della Chirurgia, come si è verificata una settorializzazione chirurgica, allo stesso tempo si è instaurata una superspecializzazione anestesiologica ancora più articolata. Oggi, nei grandi ospedali, in quelli più evoluti, gli anestesisti di sala operatoria sono suddivisi in rapporto alla chirurgia specialistica. C’è chi lavora solo in Chirurgia generale, chi solo in Ortopedia, chi solo in Ostetricia e Ginecologia, chi in Chirurgia d’urgenza, chi in Chirurgia Vascolare.
Oggi in questi grandi ospedali, allo stesso tempo, è impensabile non formare anestesisti che lavorino esclusivamente in branche come la Cardiochirurgia o la Neurochirurgia o l’Otorinolaringoiatria o la Chirurgia Maxillo-Facciale o l’Odontostomatologia o l’Oculistica.
Un fenomeno analogo, ma molto meno accentuato rispetto a quanto avviene in sala operatoria, si è verificato nei grandi Centri di Rianimazione dove si sono formati rianimatori con interesse maggiore verso la ventilazione oppure l’emodinamica o la terapia iperbarica, ad esempio.
Nel settore della rianimazione si parla di un lavoro di équipe, dove i rianimatori si parlano e si scambiano le idee. I vari interessi si integrano. Il rianimatore non decide autonomamente, tranne che nei casi di urgenza, ma segue protocolli e schemi condivisi dal gruppo. Segue diversi pazienti contemporaneamente, quando è in turno di guardia, e vede il frutto del lavoro di équipe nell’arco di giorni, settimane e in qualche occasione di mesi.
Il lavoro dell’anestesista di sala operatoria è opposto a quello del rianimatore. Lui è un solista, non lavora in équipe. Lui è responsabile in toto del paziente che ha in carico, non può avvalersi dell’appoggio del gruppo nel bene e nel male.
A differenza del rianimatore, l’anestesista di sala operatoria vede il frutto del suo lavoro nell’arco di decine di minuti, al massimo di qualche ora. Sono molto rari i casi di alternanza di anestesisti sullo stesso paziente a causa di un prolungamento di orario.
In sostanza, l’anestesista è anche un rianimatore, ma se dovesse svolgere saltuariamente l’attività n un centro di rianimazione non avrebbe la stessa raffinatezza di uno specialista che lavora esclusivamente in rianimazione.
Allo stesso tempo, un rianimatore che dovesse svolgere casualmente servizio presso una sala operatoria non avrebbe la stessa raffinatezza nell’eseguire un’anestesia rispetto allo specialista che lavora esclusivamente in sala operatoria.
Analogamente ed in maniera ancora maggiormente differenziata, gli anestesisti che lavorano in sala operatoria, per essere raffinati e sicuri nella loro attività devono essere superspecialisti in quel settore specifico medico-chirurgico presso il quale svolgono il servizio.
Chi scrive è un superspecialista nel settore testa-collo con un’esperienza di migliaia di anestesie effettuate soprattutto in Odontoiatria (oltre che in Chirurgia Maxillo-Facciale e Otorinolaringoiatria).
Nella mia attività pubblica e privata in Odontostomatologia ho avuto contatti diretti e indiretti con odontoiatri di diverse regioni italiane (Lazio, Umbria, Campania, Marche, Abruzzo, Sicilia, Lombardia ed Emilia-Romagna) e ho svolto la mia attività privata in più di 600 studi odontoiatrici.
La mia esperienza personale mi porta ad affermare che il rapporto anestesista–odontoiatra è stato nella maggior parte dei casi regolato dalle condizioni di necessità estreme da parte dell’odontoiatra.
Indice degli approfondimenti
- Odontoiatria Speciale e pazienti con bisogni speciali
- Pazienti con bisogni speciali
- Il paziente “ansioso”, poco collaborante
- Il paziente “fragile”, collaborante e autonomo
- Il paziente “odontofobico” grave
- Il paziente “totalmente non collaborante”
- Concetto di “resilienza clinica” e di odontoiatria confortevole
- Diagnosi e piano di trattamento
- Accertamenti diagnostici pre-operatori
- Il videat anestesiologico
- Il consenso informato
- Il setting operatorio
- La preparazione del paziente
- Studio Odontoiatrico/ Sala Operatoria
- Sedazione endovenosa profonda in respiro spontaneo
- Anestesia generale con intubazione in ventilazione controllata