I fattori che possono giocare un ulteriore ruolo importante sono:
- Rapidità del trattamento
- Comfort dell’intervento
- Protezione sia del paziente sia dell’operatore (il paziente è fermo e non può chiudere inavvertitamente la bocca)
- Assenza totale del dolore, da cui dipende come si vive e si percepisce l’esperienza dal dentista
- Assenza totale del ricordo dell’intervento (amnesia retrograda)
In tutti questi casi una possibile soluzione è rappresentata dall’eseguire terapie multiple concentrate in un solo intervento (magari intenso, lungo e complesso) con l’ausilio di tecniche anestesiologiche quali la sedazione per via endovenosa profonda e l’anestesia generale.
Conclusioni
La domanda di odontoiatria speciale e di conseguente odontoiatra chirurgia da svolgersi in sedazione per via endovenosa profonda e in anestesia generale in setting ospedaliero è ancora in parte nascosta, ma è sempre più crescente.
I pazienti e i caregiver, che si rivolgono a noi, non trovano frequentemente risposte rapide o comunque adeguate nelle strutture sanitarie pubbliche, dove ci sono lunghe liste di attesa (di vari mesi) e non si eseguono tutte le tipologie di cure dentali.
Anche in ambito privato, non si trovano risposte adeguate, poiché le cliniche nella maggior parte dei casi non hanno né le attrezzature necessarie all’odontoiatria né allo stesso tempo la richiesta di interventi in questo ambito.
In sostanza, l’odontoiatra ha sempre considerato un “minus” il doversi servire dell’anestesista, e solo in casi di difficoltà estreme al trattamento.
Ha di solito considerato la richiesta di una collaborazione con l’anestesista un suo quasi insuccesso personale, ma per non “perdere” il paziente è dovuto scendere a un compromesso.
In altri casi, ha visto nella collaborazione un’aggiunta di costi e quindi ha cercato in tutti i modi di evitarla, o sottoponendo il paziente a molte sedute con tempi ridottissimi oppure al “fai da te” farmacologico uguale per tutti i pazienti, pur non avendo basi di farmacologia.
Veramente pochi sono gli odontoiatri dalla mentalità meno ristretta e molto lungimiranti ad aver compreso che la collaborazione con l’anestesista, al contrario, avrebbe invece rappresentato un “plus”, un arricchimento professionale sia in termini di sicurezza sia di approccio verso pazienti altrimenti non trattabili.
E hanno anche capito che tale collaborazione avrebbe non solo rappresentato un minore stress per i pazienti e per loro stessi ma avrebbe loro permesso di estendere la tempistica e l’attuazione d’interventi molto complessi, che in caso contrario non sarebbero stati attuabili.
Uno di questi pochissimi odontoiatri “eletti” è Livio Gallottini che ha capito molto prima di altri e meglio di altri l’importanza della collaborazione con l’anestesista, arricchendo di qualità il suo lavoro.
In alcuni casi l’odontoiatra, scegliendo un processo antistorico, sceglie il “fai da te” (in parte basato sulla conoscenza e l’esperienza), non coinvolge l’anestesista, e mette in atto una serie di modalità ansiolitiche (per bocca, per via rettale e qualche volta per via endovenosa solo con il diazepam o farmaci simili).
Altre volte, usa il protossido d’azoto miscelato “a occhio” con l’ossigeno, che, solo in una limitata percentuale di casi, in pazienti lievemente ansiosi, riesce a ottenere l’effetto desiderato. Chi usa il protossido d’azoto, infatti, lo usa in continuazione e non “una tantum” e nonostante l’esistenza di sistemi di aspirazione, non tiene conto dell’inquinamento dell’ambiente e del rischio a lungo termine alla propria salute e a quella dei suoi collaboratori.
Un po’ per ignoranza, un po’ per una visione esclusiva di risparmio economico, il dentista, preso da una miopia salutistica e quindi non da una condizione di visione a lungo termine si presta alle richieste di alcune industrie mediche che spingono in questo settore.
Nella maggior parte dei casi, tutte queste tecniche del “fai da te” non sono efficaci e concorrono ad amplificare il disagio e la delusione sia nei pazienti sia nei caregiver.
Il dentista generalista spesse volte non è abituato e non ha la preparazione per operare in sala operatoria e non ha comunque un’équipe molto specializzata, come sarebbe auspicabile.
Vi è anche una difficoltà oggettiva a trovare strutture sanitarie complesse private dove poter fare interventi di odontoiatria chirurgica in sala operatoria.
Tali strutture:
- Non sono abituate ad avere richieste dagli odontoiatri
- Non hanno l’autorizzazione per la branca di odontoiatria
- Non hanno le attrezzature per svolgere le cure dentali soprattutto conservative (trapani, aspiratori, ecc.)
- Hanno dei costi (soprattutto in caso di degenza ordinaria con il pernotto) a volte non sostenibili per i pazienti e le loro famiglie.
Capita molte volte di ascoltare storie di pazienti che hanno sperimentato ripetutamente esperienze negative, avuto delusioni e ricevuto il rifiuto a esser curate, che sono stati inseriti in interminabili liste di attesa nonostante il dolore e anche stati giudicati e rimproverati per lo stato precario della loro salute orale.
La scarsità di offerta crea anche problemi logistici con i pazienti che sono costretti a rivolgersi a professionisti distanti dalla loro residenza (anche fuori della loro regione) e che si devono quindi anche sobbarcare costi aggiuntivi (viaggio e alloggio).
Sicuramente in certe situazioni il problema economico può esistere, tenendo conto di vari fattori che di solito non sono presenti nella routine odontoiatrica:
- expertise dell’odontoiatra
- competenza ed esperienza dell’anestesista
- resto dell’équipe operatoria (che deve essere specificatamente formata e deve spostarsi al di fuori dello studio dentistico)
- sala operatoria
- farmaci e materiali specifici utilizzati in sala operatoria
- eventuale degenza ordinaria con pernotto
Tutte queste difficoltà non devono però far desistere i pazienti e i loro familiari, che hanno già dovuto intraprendere purtroppo un percorso terapeutico doloroso e che hanno il diritto alle cure dentali anche in modalità non di routine per causa di forza maggiore.
Sarà necessario un grande sforzo e un cambiamento culturale di tutta la società a tutti i livelli al fine di dare una risposta efficace e adeguata ai pazienti con bisogni speciali.